Eventi così li avevamo letti solo nei libri di Storia; e rispetto a quelli – tutti pensiamo subito alla Peste nera del XIV secolo, oppure alla peste di Milano del XVII – c’è fortunatamente una enorme differenza, almeno in termini scientifici ed epidemiologici. Ma sotto il profilo psicologico? La psicologia delle masse ormai è una scienza raffinata e le masse di fronte a eventi percepiti come simili reagiscono con modalità simili, quale che sia la circostanza. Come nel 1348 (’47 per la precisione) abbiamo assistito a navi infette cacciate da un porto all’altro, impedendo lo sbarco dei passeggeri; come raccontava Boccaccio descrivendo la sua Firenze, davanti alla Morte c’era chi si dava alle penitenze e chi, molti, si abbandonava alla pazza gioia, come se non ci fosse un domani (cosa allora più che probabile) e noi abbiamo visto croceristi fermi al largo, folle accalcarsi sulle piste da sci, abbiamo letto ovunque “la movida non si ferma”. Poi è arrivato il panico: le cronache medievali ci raccontano dei messinesi che, nel tentativo di fuggire dalla loro città appestata, si diressero verso Catania e poi ancora verso il sud dell’isola, contribuendo a spargere il morbo a gran velocità: e noi, tecnologicamente più attrezzati, abbiamo riempito treni e treni di potenziali contagiati diretti a sud, spostando il virus di centinaia di chilometri in poche ore e gli esiti di questa follia li conosceremo fra non molti giorni. E poi l’assalto ai supermercati, lo scansare le persone, o perfino odiarle e aggredirle perché hanno tratti orientali.
Per decenni abbiamo tagliato fondi all’istruzione e ci ritroviamo oggi un popolo di ignoranti, creduloni al pari dei medievali, anzi: guai a chi avrà il coraggio d’ora in poi di esecrare i famigerati “secoli bui”, dove in realtà il fervore e l’amore per la cultura e le arti eccellevano. Eppure, nonostante tutto vedo la dedizione dei nostri ricercatori che hanno ottenuto i migliori successi scientifici nella battaglia al nuovo Coronavirus; vedo la dedizione degli insegnanti che cercano in tutti i modi di tenere i contatti con i propri studenti e, credo, per un motivo al di sopra di tutti gli altri: perché vogliono loro bene.
Per decenni abbiamo risparmiato sulla sanità e adesso ci mancano medici, ci mancano infermieri, ci mancano spazi e attrezzature e gli ammalati sono già più di quanti possiamo assisterne. Anche qua: orgoglio, passione e dedizione di tutti i medici e operatori sanitari di ogni livello; perché è la loro vocazione, la loro passione, il loro senso del dovere.
Però abbiamo nuove navi da guerra, abbiamo i nuovi F-35, abbiamo o avremo nuovi stadi e l’importante è che DAZN funzioni. Faccio demagogia? Non lo so e non mi importa. Non critico nessuno ma ci troviamo quotidianamente ad affrontare delle scelte e forse qualche dubbio in più sulla bontà di quelle passate, oggi, è legittimo.
Ho letto molti commenti in questi giorni, la maggior parte pessimi e deprecabili o sterilmente polemici, ma anche altri incoraggianti e perfino commoventi. Molti si augurano che quando tutto sarà finito ne uscirà un’Italia migliore e un popolo migliore. Io non credo e se tutto va per il meglio, dimenticheremo tutto al più presto e torneremo come prima, con la consueta cattiveria e arroganza. Spero con tutto il cuore di sbagliarmi.
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