Sì, chi li ha definiti scenari da film ha ragione. Adesso sto scrivendo in giardino: dove abito c’è sempre relativamente silenzio, almeno per quanto possa concederne una delle principali arterie viarie della zona che scorre qua vicino, sempre fittamente trafficata da auto e grossi mezzi. Oggi sento solo il ticchettio della tastiera, vento, foglie, cinguettii, qualche altro verso di animali; se mi fermo cessa ogni invadenza umana. L’altro ieri (e poco fa) sono andato a comprare un po’ di spesa (niente scorte, per carità): strada completamente deserta, la grande rotatoria davanti il supermercato vuota, l’interno del centro commerciale altrettanto vuoto e silenzioso, ho evitato di fotografare la desolazione del parcheggio, non so per quale ragione la radio e la musica di sottofondo non c’erano (o forse ero io, un po’ stordito, a non sentire), solo qualche sporadico annuncio di servizio e la periodica reiterazione del messaggio di rispettare le distanze di sicurezza interpersonali; tutti i dipendenti con la mascherina, moltissimi anche fra i clienti.
Una cosa mi ha colpito più di tutte, ma forse infine era l’unica che osservavo, cioè i comportamenti delle persone. Tutti silenziosi, occhi bassi, pronti a svicolare, imbarazzo evidente agli incroci nei corridoi; ho evitato per un soffio uno scontro fra carrelli a una svolta e mi è venuto spontaneo un sorriso che non è stato ricambiato, pazienza. Occhi bassi, silenzio, imbarazzo. Ho incontrato una collega, abbiamo parlato un po’, e intanto con la coda dell’occhio osservavo i pochi che transitavano da lì: né io né lei avevamo la mascherina, motivo in più per allontanare la traiettoria dalla nostra isoletta.
Mi è venuta in mente questa poesia di Eugenio Montale, Ti libero la fronte dai ghiaccioli:
Ti libero la fronte dai ghiaccioli
che raccogliesti traversando l’alte
nebulose; hai le penne lacerate
dai cicloni, ti desti a soprassalti.Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo
l’ombra nera, s’ostina in cielo un sole
freddoloso; e l’altre ombre che scantonano
nel vicolo non sanno che sei qui.
Quello erano: ombre che scantonano, bizzarre, forse anche grottesche, non lo so; sotto un’ombra nera che si è allungata su tutto. “Andrà tutto bene”, mi dico, fra i colori dell’arcobaleno; andrà tutto bene… Ad essere sincero la poesia mi è letteralmente esplosa in testa, palesandomi da dentro a fuori (e non viceversa, per un mero processo culturale) la dolorosissima realtà di esseri umani ridotti a ombre, senza spessore, senza dettagli, oggi nascosti dietro una mascherina. Immagino che sia una necessità contingente ma forse non è solo questo e quella o un’altra mascherina che ci separa dagli altri l’abbiamo sempre indosso. “Andrà tutto bene!”sì; credo di sì, ma dentro di me non so realmente cosa questo significhi.
Concludo questo articolo; non sono più in giardino e mi immagino il tavolo e la sedia rimasti là fuori, vuoti, senza il ticchettio della tastiera. Immagino che della presenza umana non sia rimasto altro…
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