Ruspe sulla spiaggia (Cadere, parte seconda)

Immaginare o sperimentare una caduta e poi interpretarla metaforicamente viene quasi naturale. Lo stesso vale per le conseguenze. Ma il destino non è mai a corto di fantasia e dispone di moltissime combinazioni differenti.
Credo che le sensazioni peggiori mentre cadiamo siano la ricerca affannosa e disperata di un appiglio che non c’è, la chiarissima percezione della propria impotenza oppure l’accettazione rassegnata, affidandosi completamente al caso con la speranza che, almeno un po’, ci guardi con benevolenza e non voglia accanirsi. Tutto questo potrebbe anche essere sopportabile su noi stessi ma è quasi insostenibile quando sono coinvolte le persone che amiamo.

La caduta diviene ancora più spaventosa perché ci costringe a viverla in istanti dilatati mostruosamente, e alla fine si cerca una nuova e paradossale forma di difesa contro il peggio: meglio l’incertezza dell’esito perché finché si cade il momento dello schianto è rimandato. È una condizione di brivido costante, un orrendo limbo ma preferibile. Invece niente può durare in eterno, allora non rimane che sperare.

Già: speranza, salvezza, redenzione. Cos’è che decide l’esito, chi o cosa stabilisce il danno e la possibilità di risollevarsi? È tutto così aleatorio, tutto così sfuggente… Guardando indietro, anche a distanza di anni, restano molti quesiti irrisolti e veramente sembra che il confine fra realtà e immaginazione si strappi e si fatica a credere in ciò che si sta realmente vivendo; si diventa inconsapevolmente protagonisti di ciò che tutt’al più si legge sui giornali, catapultati in ruoli che non ci appartengono e che richiedono carismi che non possediamo.

Poi quasi altrettanto inconsapevolmente, le ferite cicatrizzano e ciò che pareva impossibile invece accade veramente. Sì, sono cicatrici, ma da lì si riparte; ci rendiamo conto che lo squillo del telefono non sarà più lo stesso ma nonostante tutto si va avanti. La caduta in qualche modo è dietro di noi, ci siamo rialzati e abbiamo iniziato a muovere in avanti passi traballanti, passi nuovi e in parte sconosciuti, incoraggiati da segni bizzarri e improbabili, come una ruspa sulla spiaggia apparsa lì solo per noi.

Ma non siamo persone eccezionali!



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