Mi è capitato recentemente di ascoltare la pubblicità di un servizio sportivo televisivo a pagamento. Nello spot era simulata la telefonata a un amico e si capiva da mille ‘scusanti’ ripetute che non era possibile per i due vedere la partita assieme. Tra le molte giustificazioni inverosimili c’era anche quella, plausibilissima, di un figlio piccolo da accudire dopodiché la telefonata si concludeva. A quel punto è subentrato lo speaker per annunciare: “Basta sbattimenti! Da oggi c’è…” e via dicendo. I figli al giorno d’oggi sono dunque uno sbattimento al pari un qualsiasi altro fastidioso impedimento.
La volgarità e la bassezza del nostro tempo non hanno ormai più limite. Non entro nel merito della famiglia, sulla quale ogni persona deve adottare scelte consapevoli, ma piuttosto del valore dei sentimenti e della fraternità.
Io non sono sentimentale, chi mi conosce lo sa, ma amo i miei figli e la mia famiglia e amo le persone che mi circondano. Purtroppo i fatti della vita mi hanno dimostrato che questi beni così preziosi, che vorremmo eterni come le montagne, in realtà non ci appartengono e questo vale non solo come verità assoluta, che attiene alla dignità e alla libertà di ciascuno, ma anche perché la nostra presenza su questa terra è veramente effimera. Certo, questa è una condizione di cui tutti siamo ben consapevoli, ma talvolta, vogliamo chiamarlo il destino? ci impone una consapevolezza maggiore.
Camminando in montagna oppure contemplando il mare, la Natura ha gioco facile a farci comprendere il nostro marginalissimo ruolo e l’evidenza della sproporzione è tutta a nostro carico (e danno). I grandi spazi rimettono le cose e le persone al loro posto, insegnando l’umiltà, la compassione e la partecipazione, la giusta scala di valori; e ci offrono l’opportunità di scoprire, riscoprire o rafforzare la solidarietà e gli affetti.

E gli affetti non sono un abbonamento che si può disdire quando più ci piace.
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