Da Isola Santa alle incisioni rupestri di Puntato, e ritorno

Questa volta voglio proporvi un percorso ad anello sulle Apuane interne, con partenza dall’antico borgo di Isola Santa, frazione a circa 550 m s.l.m. del comune di Careggine, in Garfagnana. Il luogo è di antica origine e la dedica della chiesa a San Jacopo ne testimonia la vocazione legata ai pellegrinaggi, punto di tappa e ristoro sulla via che – con qualche ovvia trasformazione – ancora oggi collega l’alta Versilia con la Garfagnana. Il borgo e il paesaggio furono profondamente trasformati quando, alla fine degli anni Quaranta del Novecento, entrò in attività la diga di sbarramento sul torrente Turrite secca, il cui lago lasciò emersa solo la parte sommitale del paese. Come tutte le terre più remote e impervie, a partire dalla seconda metà del XX secolo andò incontro a un rapido spopolamento e l’intero abitato e cadde in rovina; negli anni Novanta, è un ricordo personale, tra le case mezzo crollate ancora abitava come unica superstite un’anziana donna con le sue capre. Nel nostro tempo Isola Santa è risorta a nuova vita: case e vicoli sono stati restaurati con dedizione, sulla provinciale è stato è stato aperto un rinomato ristorante e nel borgo stesso si può godere di vivaci strutture ricettive. 

Andata: da Isola Santa a Puntato

Dopo l’ovvia visita a Isola Santa, il percorso inizia con l’attraversamento pedonale della diga. Lo sbarramento è raggiungibile tornando sulla provinciale oppure scendendo dalla piazzetta davanti alla chiesa per poi seguire un suggestivo sentiero a pelo d’acqua che segue il profilo del lago fino allo sbarramento. Dalla cresta della muraglia, impagabile il riflesso sulla superficie ferma del lago del borgo di Isola Santa nella sua cornice delle montagne. Dall’altra parte, superate alcune strutture connesse al funzionamento della diga, si imbocca il sentiero CAI 9 che si inerpica con una ripida salita serpeggiante tra faggi e castagni, e solo una volta raggiunta la quota di circa 800 m allenta un po’ il morso. Nella giusta stagione non è difficile imbattersi in grossi porcini che anche in prossimità del sentiero si mostrano fieramente tra le foglie secche.

La prima tappa è l’abitato di Col di Favilla. In molte guide online è definito “paese fantasma”, secondo una qualifica che purtroppo accomuna molti agglomerati storici relegati in luoghi inospitali e difficilmente accessibili. Col di Favilla è uno di questi. Fu luogo di vita una comunità legata alla montagna e al suo sfruttamento, e agli alpeggi, come ben dimostrano la chiesa, le case e il cimitero: sebbene a partire dagli anni Settanta completamente spopolato e vandalizzato ma fortunatamente oggi, un po’ come Isola Santa, sta vivendo una nuova giovinezza grazie all’impegno di chi ha deciso di investire tempo e risorse lassù.

Visitata la chiesa con la sua elegante cantoria in legno scolpito e le molte immagini devozionali, ci lasciamo alle spalle la facciata fino al bivio, imboccando verso sinistra il sentiero CAI 11. Il sentiero è stupendo nel suo fiancheggiare pendici immerse nel fitto bosco, calpestando un tappeto di foglie marroni. Il sentiero in realtà è solo un breve raccordo verso il CAI 128 che imbocchiamo non appena raggiunto in direzione di Puntato. 

La cantoria lignea nella chiesa di Col di Favilla

Poco prima di arrivare al piccolo agglomerato di casupole di pietra iniziano a diradarsi gli alberi per cedere spazio ai prati di un grande alpeggio. Il sentiero è fiancheggiato da un filare di poderosi faggi e infine si apre davanti a noi la facciata della chiesa della Santissima Trinità di Puntato, grande edificio di culto, con tanto di riparo per i viandanti. All’interno, se si ha la fortuna di trovarla aperta, si può ammirare una bella pala d’altare marmorea con la rappresentazione della Trinità.

Proseguendo il sentiero a destra dell’altare e superate le altre case di Puntato si arriva in cima allo sperone che probabilmente dà il nome al luogo. Sul lato opposto di un bizzarro affioramento roccioso dagli strati quasi verticali, si può ammirare uno dei più interessanti siti archeologici delle Apuane, ovvero la Masso delle girandole di Puntato. Si tratta di un affioramento roccioso prospiciente la vallata verso il Monte Freddone (altro sito ricco di testimonianze pre e proto-storiche; per avere un’idea: E Dio creò il firmamento, prima e seconda parte) sul quale sono incise una ventina di lame di pennato, disposte in varia forma. La consegna del pennato, strumento e arma di cui erano maestri i Liguri apuani sottintendeva probabilmente a un vero e proprio rituale di iniziazione, con il quale i giovani si affacciavano all’età adulta e ognuno lasciava il segno della propria presenza. Le incisioni della roccia di Puntato sono tracciate con una sorta di tratteggio, come se fossero incise dal ribattere di una punta e martellina sulla pietra.

Di particolare interesse i gruppi di pennati incisi per sovrapposizione al centro in modo da formare una vera e propria girandola, secondo lo schema che è anche della svastica, ovvero una rappresentazione solare e (almeno in altri tempi) quindi positiva. Le girandole sono due, e non sfuggirà il “puntare” di quella superiore verso la vetta del prospiciente Monte Freddone, di cui abbiamo appena detto.

Ritorno: da Puntato a Isola Santa via Il Robbio

Tornati alla chiesa della Santissima Trinità si prosegue avanti lungo il sentiero alberato, tenendo come riferimento le indicazioni per il rifugio Il Robbio, vera chicca quasi fiabesca nel fitto del bosco. Attraversando il recinto del rifugio, il sentiero, non segnato ma chiarissimo, scende decisamente verso il fondo della valle, dove la luce si fa molto avara. Da lì si prosegue fiancheggiando il letto Canale delle Fredde, un torrente che si riempie durante le piogge, irto di enormi macigni precipitati dalle ripide pendici che lo sovrastano da entrambi i lati. La poca luce fa crescere rigogliosi muschi, in un paesaggio ancora una volta decisamente inusuale. 

Il sentiero conclude la sua discesa nella strada di servizio di Cava Gufonaglia, abbandonata con ancora tutti i suoi enormi mezzi di movimentazione, arrugginiti e vandalizzati. Superata la cava non rimane che proseguire in ripida discesa, cercando immaginare su quei tornanti stretti e sterrati i camion carichi di blocchi di marmo. Il paesaggio si conclude tra fronti di cava, saggi, tutto ormai abbandonato. L’ultima breve salita riporta sulla provinciale 13 e da lì, in poche centinaia di metri ancora, si torna a Isola Santa.


Per qualsiasi approfondimento sull’argomento delle incisioni rupestri in Toscana e sulle Apuane, il punto di partenza sono indubbiamente le pubblicazioni frutto del lavoro di studio e ricerca di Giancarlo Sani, in particolare il primo censimento fondamentale:

G. Sani, I segni dell’uomo. Incisioni rupestri della Toscana, Editori dell’Acero, 2009



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