Di tanto in tanto mi capita di riflettere su chi sia, fra tutti i libri che ho letto, il mio protagonista o personaggio preferito; è successo anche a voi? In realtà non so nemmeno esattamente cosa cerco e cosa intendo: il più approfondito, quello con la storia più avvincente, la personalità più affascinante… veramente non lo so e forse è anche una ricerca un po’ sciocchina. Magari, questo potrebbe essere la proiezione inconscia di chi o come chi vorrei essere, allora il discorso potrebbe farsi più interessante.
Ad ogni modo, sia quel che sia, una cosa è certa: qualunque strada prenda il mio ragionamento il punto di arrivo è sempre lo stesso e forse molti, dal titolo dell’articolo avranno già capito.
Il mio protagonista assoluto è Salvor Hardin, personaggio monumentale di Prima Fondazione, il primo volume della Trilogia della Fondazione di Isaac Asimov. Ecco, vorrei essere come Salvor Hardin.
Senza entrare troppo nel merito della vicenda, nell’imminenza prevista scientificamente del crollo grande Impero galattico, per evitare millenni di barbarie che seguiranno, sul pianeta Terminus scienziati di ogni genere si riuniscono per scrivere l’Enciclopedia galattica, ovvero una summa di tutta la scienza umana, in modo che il periodo di caos sia ridotto a soli mille anni anziché i trentamila previsti e la civiltà possa essere preservata. Hardin è il sindaco di questo pianeta, ovvero colui che lo amministra, ne guida la politica interna ed estera e sarà lui a dover affrontare la prima crisi interplanetaria, potenzialmente capace di annientare il pianeta e i suoi abitanti.
Ma quali sono le virtù di Hardin, tali da renderlo un personaggio così fuori dell’ordinario? I suoi sostenitori siamo freddo a ogni sua decisione e i suoi detrattori lo accusano di cinismo, di immobilismo e irresolutezza. Questo corrisponde al vero?
Cinismo? Vediamo un po’: lui non sopporta la stupidità e con questo intendo dire che non sopporta coloro che non sanno ascoltare gli altri, che sono ottusi e rintronati da un’idea dominante senza riuscire ad allargare lo sguardo su ciò che c’è attorno per quanto si spenda (o perda) tempo ragionando con loro. Hardin li ascolta spesso con malcelata insofferenza e gioca sottilmente con la loro cocciutaggine; grazie a una dialettica ineccepibile non perde l’occasione per scoccare frecciate pungenti che le vittime intuiscono appena, senza comprendere appieno la loro dirompente e beffarda efficacia.
È immobile e irresoluto? Figuriamoci! Salvor Hardin è un capolavoro di pragmatismo, il che lo rende il politico e l’amministratore nonché l’uomo perfetto poiché non è mai avventato. In realtà nutre e coltiva anche fortissimi ideali, il più celebre dei quali dà il titolo a questo articolo, ma non si espone mai e non lascia mai che le passioni, sue o altrui, offuschino la capacità di giudizio. Non si siede sulla riva ad attendere il cadavere del nemico ma piuttosto è un degnissimo erede del console Quindi Fabio Massimo: cosciente della inferiorità politica e militare del pianeta che amministra, attende che gli eventi si chiarifichino senza gettarsi nella mischia alle prime avvisaglie di pericolo e si muove con piccolissime azioni appena percettibili. Nervi d’acciaio e sangue freddo gli conferiscono l’invidiabile capacità di vedere più lontano dei suoi avversari, di attendere e giocare le proprie carte dopo che i pericoli maggiori si sono annullati a vicenda nel polverone della mischia nella quale irresponsabilmente in molti si gettano. Anzi, spesso con scaltrezza machiavelliana sfrutta a proprio vantaggio la forza e l’aggressività dei nemici per aizzarli l’uno contro l’altro. E tutto questo senza spargere una goccia di sangue ma semplicemente, facile a dirsi, costruendo scenari tali davanti ai quali non pare esservi altra via d’uscita che ritirarsi a testa bassa ed evitare guai peggiori.
La sua politica è fatta di azioni apparentemente insignificanti che sfuggono alle analisi più grossolane che guardano lontano; è per questo motivo che è disposto ad accettare piccoli o grandi insuccessi in attesa della futura e definitiva vittoria. Quanto lo adoro!
Fede, scienza, raziocinio e superstizione sono tutti argomenti ricorrenti nei suoi progetti politici. Nessuno domina e tutti concorrono in misura varia a seconda delle occasioni, come le carte in mano a un abilissimo prestigiatore, confondendo, manipolando, deviando l’attenzione secondo la necessità.
Una particolarità: forse molti conosceranno la massima di Hardin del titolo nella forma “ultimo rifugio degli incapaci”. La traduzione in realtà non è corretta e non rende giustizia al testo di Asimov: “Violence is the last refuge of the incompetent”. Non solo, c’è un’elegante e pungente differenza fra i due termini poiché l’incompetenza è l’incapacità di poter giudicare, eseguire, comprendere un concetto o un lavoro e esprimere su di esso un giudizio; definizione più inclusiva della semplice incapacità. Con questa scelta lessicale precisa (e competente) Hardin bacchetta tutti coloro che hanno la l’arroganza di imporsi nelle questioni e nella vita altrui, arrogandosi il diritto di giudicare sulla base di presupposti determinati solo da cecità e tracotanza.
Asimov deve aver amato moltissimo il suo personaggio, a giudicare dalla cura e dall’attenzione che gli ha dedicato; rimanere in compagnia di Hardin, delle sue parole e delle sue azioni è piacevole, istruttivo e appagante e, come tutti i piaceri, destinato a finire per lasciarci insoddisfatti. Ci accompagnerà solo nei primi capitoli del grande viaggio che ripercorre la storia futura della nostra Galassia, poi Asimov lo metterà da parte per lasciare spazio altri personaggi certamente indimenticabili, ma non così tanto come Salvor Hardin.
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