Anton Bruckner è stato un compositore austriaco, celebre per la musica sacra (semplicemente impressionante il suo Te Deum) ma soprattutto per le Nove sinfonie, veri monumenti musicali. Mi è particolarmente caro perché fu grazie a lui se, una vita fa, sbocciò in me la passione per la musica classica, passione che poi maturò presto nel desiderio di diventare musicista. Ero piccolino, ricordo in cucina il televisore ancora in bianco e nero che si accendeva dopo minuti di attesa: prima arrivava il suono, poi dalle profondità grigie dello schermo si formava l’immagine.
E quindi prima arrivò la musica: sentivo quel muro di armonie potentissime, le trombe in crescendo che ripetevano uno stesso motivo (in realtà erano trombe, tromboni e corni, flauti, clarinetti…) e poi gli archi e infine su tutto si impose un rullo di tamburi come un tuono (poi avrei imparato che si chiamano timpani). Ricordo che rimasi incantato quando infine apparve l’orchestra: i musicisti erano tutti eleganti, compivano gesti in sincrono perfetto, in alto c’era lo schieramento degli strumenti a fiato e lassù l’uomo coi “tamburi” tutti attorno, più grandi dei vasi di limoni di mio zio. Sul podio c’era il direttore, elegantissimo più degli orchestrali ma un po’ diverso. Avevo già visto distrattamente direttori all’opera, smanaccavano la bacchetta come forsennati, sudavano e mi facevano quasi ridere. Lui, coi capelli bianchissimi, dirigeva l’orchestra enorme con movimenti piccoli, a volte teneva la bacchetta addirittura indietro, come se non gli fosse necessaria e pareva che il suono gli uscisse dalle dita.
Passarono gli anni e ormai già mi muovevo bene sulla tastiera pianoforte e soprattutto dell’organo (che poi diverrà il mio strumento) e allungando un po’ le gambe anche alla pedaliera (ragazzo fortunato, io, perché nella chiesa parrocchiale c’era e c’è un bellissimo organo a canne Mascioni). In più ascoltavo musica classica a tutta forza; per ‘nutrirmi’ mio padre aveva intrapreso la monumentale raccolta I tesori della musica classica, che rientrò fra i regali memorabili dei miei genitori (dopo il libro Lucca romana e poi il nuovo stereo), erano i primi anni Ottanta e io mi ero affacciato alla scuola media. Mi feci una cultura musicale enorme ma nessuno degli autori mi ricordava quella sinfonia fatale. Poi, al n. 97 di 100 apparve Anton Bruckner, Sinfonia n. 7, Orchestra filarmonica ceca, diretta da Lovro Matačić. Dal solco sul vinile che arrivava quasi in fondo capii subito che era ‘roba grossa’ e mi piazzai all’ascolto: poltrona e occhi chiusi. Mi sentii subito a casa.
Ricordo che fin dalle prime battute iniziai a vedere con l’immaginazione paesaggi alpini, vallate profonde e verdi fra picchi altissimi e intanto che la musica andava avanti vedevo i fiumi, le cascate che cadevano a destra, proprio lì, e le nubi che si affollavano nel cielo, spinte dal vento. Altro che mondi virtuali e realtà aumentata: la musica stava dipingendo una storia per me, non evocava solo emozioni ma creava mondi! Sono ricordi incredibili che mi hanno sempre accompagnato! Il secondo movimento della sinfonia popolò quel mondo di personaggi, ricordo che ad un tratto (al minuto 4.10) mi apparve chiarissima l’immagine di un lui e di una lei che si baciavano (dal min. 25 nel filmato sotto) ma dopo pochi minuti capivo anche dalla musica che non avrebbero dovuto farlo e mi pareva di provare anch’io un misto di rimorso e senso di colpa scanditi da vibranti arcate dei violini.
Non ho mai saputo come è andata a finire ma davvero le sue potenti battute e il suo pathos li trovavo estremamente familiari. Il caso volle che dopo non molto tempo alla televisione dettero un concerto: dalla Scala di Milano, la Terza sinfonia in re minore di Anton Bruckner. Bruckner ormai lo sapevo: mi piaceva. Iniziò ed era bellissima, non mi deludeva ma più che la musica sentivo che c’era qualcosa che risaliva da lontano. E poi fu chiaro: era lei, l’avevo ritrovata! La sinfonia in bianco e nero adesso era a colori ma i quattro timpani erano ancora lì, il motivo insistente di trombe, tromboni e corni era ancora lui.
Il cofanetto con i CD delle Nove sinfonie Bruckner guadagnò presto il posto d’onore fra i regali memorabili.

Nella vita, di musica ne ho macinata tanta ma raramente ho riprovato la stessa immersiva totalità come nelle composizioni di Bruckner. Ogni tanto (e mi è venuto voglia di scriverne perché è accaduto di nuovo) le riascolto entrambe, la terza e la settima sinfonia, e ritrovo tutto intatto, tutto esattamente come la musica dipinse per me, da ragazzino.
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