E così è terminato anche il 2019. Due parole di saluto. Non voglio scrivere di bilanci né di resoconti, solo che…
In realtà non voglio nemmeno essere melodrammatico e neppure un compiaciuto pessimista per cui cercherò di custodire gelosamente quanto il 2019 mi ha dato di buono. Vorrei anche lasciare da parte la famiglia, che è cosa mia e che non cessa mai di regalarmi nuove emozioni.
E quindi, che dire? È stato un anno ‘formativo’, definiamolo così, quindi tutto sommato, a modo suo, mi ha arricchito. Non fosse però che mi ha arricchito anche di pessime esperienze umane e personali, complice, e forse protagonista, la mia ingenuità, con la collaborazione della mia innata propensione alla fiducia nel prossimo.
Istintivamente, potessi tornare indietro, a molti bivi sceglierei l’altra strada, con la ragionevole prospettiva che difficilmente potrebbe essere peggiore; riflettendo meglio, spero sempre che tutto faccia parte di un progetto e che infine tutto concorre alla nostra storia, nel bene e nel male.
Resta solo, ahimè, l’amaro sospetto di uscirne una persona peggiore, più diffidente, sospettosa, chiusa e insensibile. Spero non sia così e mi consola sempre ripensare a quanto una collega mi disse: “se sei nato tondo, non puoi morire quadrato”. Ma non voglio nemmeno essere come molti sempre pronti a giustificarsi con uno scivoloso “io sono fatto così!”
E poi molte cose sono accadute: belle, meno belle e anche tragiche. È così che va e noi siamo la storia dei nostri giorni e del valore che siamo riusciti a dare loro.
Inizierà il 2020; non faccio propositi perché non ho niente da propormi, o meglio: niente di diverso.
Buon 2020 a tutti.
Rispondi