Sereno

(bosco di Courton, luglio 1918)


Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle

Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore del cielo

Mi riconosco
immagine
passeggera

Presa in un giro
immortale

La poesia, parte de L’Allegria, fu composta nel luglio del 1918, quando il reggimento di Ungaretti era stato trasferito sul fronte francese, e nella raccolta precede immediatamente la più celebre Soldati. Proviamo ad addentrarci tra le sue sbalorditive immagini.

Dopo un prolungato e opprimente nebbione, il cielo notturno si apre e tornano le stelle. Il loro apparire è lento e graduale, Ungaretti le assapora; il loro svelarsi cadenzato consente di poterle ammirare “a una / a una”, l’identica ripetizione del verso ci dà la giusta scansione del tempo, come un lento battere del metronomo della vita. Ungaretti ama le stelle e la loro assenza lo lascia sempre in uno stato di cupa disperazione; compaiono frequentemente nei suoi versi e dedicherà loro nel 1927 un’intera poesia; nella sua poetica non sono mai una presenza statica, piuttosto il poeta ama descriverle nel loro apparire, svanire, ritornare. Questo aspetto è interessante da indagare, perché in più occasione Ungaretti mette in relazione le meccaniche celesti da un lato che proprio in Sereno sono esplicitate nell’immortale giro e la vita personale di ognuno di noi, o meglio, ciò che pone in relazione il singolo col tutto, l’universale e il particolare, un rapporto che talvolta noi percepiamo come fuggevole rispetto all’immensità del cosmo ma che al tempo stesso, in realtà, dà senso e luogo all’esistenza di ciascuno, per quanto transitoria, anzi, forse a maggior ragione di questo.

Nella poesia Stelle, Ungaretti riempie di significato la loro compagnia notturna, quale un inebriante abbandono: la soffocante nebbia si è dissolta e l’aria nuovamente cristallina porta giù un’onda di freschezza della quale saziarsi fino a svenire. Rimanendo afferrati alle percezioni sensoriali, si potrebbe aggiungere anche che l’immagine passeggera che certamente è connessa a fragilità e fugacità dell’essere umano, nel suo passare sia forse suggerita dagli ultimi stracci di nebbia che se ne vanno, aprendo il sipario sul travolgente mare di stelle.

Del testo si conoscono sei varianti precedenti, interessanti per capire il processo che ha guidato il poeta alla definizione del suo pensiero, di volta in volta selezionando, modificando e perfezionando i versi.

Nelle versioni intermedie la poesia era stata intitolata Sera serena e terminava alla seconda strofa; mentre la prima aveva una versificazione solo leggermente diversa, niente di sostanzialmente significativo, la seconda recitava:

che mi lascia
sulle labbra
il colore 
ammorbidito
del cielo

Fin da subito l’idea di Ungaretti era quindi utilizzare una arditissima sinestesia nella quale fondere vista, tatto e gusto. E lì finiva, col sapore\colore delle stelle sulle labbra. L’immagine era senza dubbio di grande fascino ma nel pensiero del poeta evidentemente incompleta, essenzialmente per la sua esistenziale necessità di dare una collocazione alla propria vita in un progetto cosmico. In tal senso, gli esempi sono innumerevoli, si veda sopra ogni altro la poesia I fiumi se non altro perché proprio a partire da questa Ungaretti torna nel nostro caso sul tema di riconoscersi e di cercare il proprio ruolo nell’universo.

Dopo l’intermedio

Mi scorgo
con dolce tristezza
un’immagine passeggera

Presa in un giro
immortale

ovvero una strana visione dall’esterno di se stesso che un pochino contraddiceva le fortissime e intime percezioni della seconda strofa, Ungaretti tornò sul suolo più indagato sancito da “Mi riconosco”. 

Ne I fiumi (Cotici, 16 agosto 1916) aveva infatti già scritto:

Questo è l’Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra 
dell’universo

versi dei quali, tutto sommato, 

Mi riconosco
immagine
passeggera

Presa in un giro
immortale

possiamo considerare una elegante parafrasi. Premesso che scorgersi non aveva esattamente la stessa intensa ed epifanica profondità di riconoscersi, semmai il contrario, fibra e immagine passeggera sono in effetti due modi molto simili di leggere la transitorietà dell’esperienza umana, quasi in controluce, su un lontano piano fatti di immensità: l’universo in I fiumi il giro / immortale di Sereno.

Ancora una volta i versi di Ungaretti riservano grandi spunti di riflessione. Leggendo le sue poesie, lasciando che posino sul fondo di noi stessi e germoglino. Quando accade, penso al poeta che ne Il porto sepolto, poesia programmatica del 26 giugno 1916, scriveva

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde 

Di questa poesia
mi resta
quel nulla
di inesauribile segreto

… e aveva ragione.


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Un pensiero riguardo “Sereno, di Giuseppe Ungaretti

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