Nel 1972, James Gunn pubblicò il suo meraviglioso romanzo Gli Ascoltatori, capolavoro di poesia e di eleganza; vero e proprio trionfo del sentimento e della nostra migliore umanità.
Raccontava una storia ambientata cinquant’anni nel futuro, anzi, un pochino di più, all’interno del Progetto SETI, ovvero la grande Search for Extraterrestrial Intelligence, passato negli anni sotto vari nomi e con la guida di grandi direttori.
Nel decennio degli anni Ottanta il progetto fu sposato dalla NASA, che vi riversò grandi finanziamenti, soprattutto in termini di tecnologie, raccogliendo una mole di dati straordinaria, molto maggiore di quelle che erano le capacità di calcolo e analisi dei computer dedicato alla scansione delle registrazioni.
Nel 1993 però il Congresso ritirò il sostegno pubblico dal progetto, il quale languì per molti anni, affidandosi ai finanziamenti privati e al computer sharing per continuare l’analisi delle infinite registrazioni archiviate.
Negli ultimi anni il progetto ha ripreso vigore, sempre grazie al sostegno di fondi privati e il progresso tecnologico, riaccendendo le speranze e ampliando gli orizzonti della ricerca, ad esempio, oltre alle radiofrequenze o alla ricerca di impulsi laser ad alta intensità (un mezzi di comunicazione che nel romanzo era solo ipotizzato).
E così, siamo arrivati al 2025. Esatto, perché nel 2025, secondo il romanzo di Gunn, è ambientato l’anno del contatto.
Il romanzo copre in realtà due secoli di storia: nel 1935 dalla terra si levava il primo segnale radio di potenza sufficiente da solcare le profondità siderali, dopo 45 anni veniva captato da un pianeta alieno e dopo altri 45, da lassù, tornava sulla Terra la risposta. Davanti a questo enigmatico messaggio l’umanità deciderà di rispondere, e dopo altri novant’anni la replica definitiva, alla quale non ci sarà seguito.
Per chi volesse approfondire su questo capolavoro letterario: James Gunn, gli Ascoltatori
Per il resto, guardando il 2025 che a poco a poco se ne va, è sempre più macroscopico quanto ormai guardiamo tutti in basso, col mento appesantito dal nostro egoismo; non solo non parliamo più, ma nemmeno sappiamo più ascoltare, vicino o lontano che sia.
