In passato erano molto bravi a riconoscere i simboli; del resto era una società largamente analfabeta e quindi le immagini e i simboli erano l’unica modalità che poteva essere compresa facilmente, anche dovendo trasmettere messaggi molto complessi. E non ammettevano equivoci.
Nel nostro tempo talvolta li confondiamo, ne mischiamo origine e significato, ne facciamo uso improprio. Lessi tempo fa un curioso articolo che spiegava le emoticons, non avete idea di quanti fossero i miei fraintendimenti, per cui ciò che per me, italiano, aveva un significato per un giapponese era tutt’altro.
Pensiamo alla svastica, tanto per fare un esempio; uno dei simboli più (tragicamente) noti della nostra storia recente. Risale a epoche molto remote e ha attraversato culture diverse e lontane tra loro: il suo andamento elicoidale è ormai opinione comune che richiami al disco solare e ai suoi raggi che, come in una girandola, si dipartono dal centro per diffondere luce e calore. In una forma simile fu tramandata anche dalle popolazioni liguri-apuane, che incidevano su rocce sacre le forme della loro arma più efficace e rituale: il pennato. Disponendo a croce i pennati si otteneva una girandola molto simile alla svastica. Infine, a partire dagli anni Trenta sappiamo tutti cosa divenne. Altro che luce: a causa della svastica le tenebre calarono sull’intera Europa.
Mi sono fermato a pensare ai miei simboli di quand’ero bambino e naturalmente il ricordo è andato subito alla “S” di Superman ma soprattutto alla “Z” di Zorro e credo che a questo punto sia già chiaro dove voglio andare a parare.
Zorro è stato il mio eroe preferito, prima di essere superato da Batman. Il mio secondo costume da carnevale fu da Zorro (il primo lo avevo ereditato, diciamo così; Zorro quindi fu il primo vero costume tutto mio, scelto da me). Ricordo benissimo i telefilm di allora, l’elegantissimo e sempre impeccabile Diego de la Vega e il fedele Bernardo, il goffo sergente Garcia, l’odioso capitano Ortega. E poi arrivava lui, Zorro, a cavallo di Tornado.
Lo adoravo; certamente perché era buono, leale, difendeva i poveretti dai soprusi dei ricchi baroni spagnoli e dei soldati corrotti e non so perché (né potrei giurare che fosse davvero così), ma ero dell’idea che non facesse troppo male ai cattivi; sì, certo, li pestava a dovere ma non li uccideva, anzi, c’era sempre un che di ironico nei suoi combattimenti per cui la punizione migliore per i cattivi era la loro umiliazione e ridicolizzazione, specialmente quando come un fulmine zigzagava la “Z” sui loro pantaloni mettendo in vista i mutandoni, o sul pancione di Garcia.
La “Z” era la giustizia che annunciava il suo imminente arrivo dove nessun altro sarebbe potuto arrivare, era la giustizia di Zorro, ovvero di colui che si batteva per dare voce a spazio a chi non ne aveva.
La “Z” sui mezzi militari russi che hanno invaso l’Ucraina, quale che sia il suo nuovo e vero significato, è adesso un simbolo di morte e di violenza indiscriminata. Tutto quanto la “Z” di Zorro aveva rappresentato è stato distrutto e per sempre. Non potremo più vederla, nemmeno sui costumi da carnevale dei bambini, senza tornare con la memoria ai carri armati, ai blindati che sparano un colpo di cannone sulle auto di civili in fuga, anzi facciamo due, non si sa mai. La “Z” significherà d’ora in poi e per sempre morte. E intendo veramente per sempre. Certo, separando e razionalizzando, un po’ come per le girandole dei pennati, potremo tornare a ricordare l’eroe mascherato, e immaginarlo ancora che cavalca verso il tramonto in sella a Tornado e rimette in ordine le cose; ma poi cadremo per sempre nel 2022 e il rosso dello sfondo non sarà il tramonto della California ma le fiamme dell’Ucraina.

Rispondi